Accenni storici

La storia dell’elettromagnetismo è antichissima. 
Ai primordi della cultura, i magneti erano considerati “pietre viventi”. 
L’uso dei magneti per trattare problemi di salute era già patrimonio della medicina empirica dell’antico Egitto.  

L'uso terapeutico del magnetismo parte già dall'inizio stesso della medicina cosiddetta “ufficiale”: Ippocrate (c.430 - 360 a.C.) usava polvere di ossido di ferro (magnetite) e globuli rossi per controllare e fermare le emorragie.

Nel primo secolo invece, Plinio il Vecchio (23-79 d.C.), nel volume 37 della sua “Enciclopedia”, descrive il trattamento delle ustioni con pietra magnetica polverizzata.

S. Alberto Magno (1200 - 1280) nel suo libro "Mineralia", raccomandava una miscela di latte e magnetite per il trattamento degli edemi.

Paracelso, medico e astrologo svizzero-tedesco (1493-1541) definì la magnetoterapia “Principe della Medicina” e racconta di trattamenti attraverso campi magnetici, svolti all’università di Basilea.

Nel XVI secolo il medico della regina Elisabetta I d’Inghilterra, sir William Gilbert (1544-1603), descrisse per primo le correlazioni fra forze magnetiche e forze elettriche nel suo libro “De Magnete”, e coniò il termine di “Elettromagnetismo”: egli era solito utilizzare pietre per esplicare azioni terapeutiche magnetoterapiche sui propri pazienti, con buon successo.

Nel 1627 Wilhelm Fabricus detto Hildanus (1560-1634) ha documentato il primo uso, per l’estrazione di piccole schegge di metallo in un occhio, di un magnete naturale.

Uno degli scienziati che per primo iniziò a studiare a fondo e usare i magneti fu Padre Maximilian Hell (1720 - 1793), sacerdote gesuita, astronomo presso l'Università di Vienna. Nel 1774 illustrò le sue teorie e le sue esperienze pratiche a un conoscente, il medico Franz Anton Mesmer, cui diede alcuni magneti. Mesmer cominciò ad applicarli ai suoi pazienti affetti da isteria e disturbi psicosomatici. Ottenne alcuni successi, senza però avere riscontri scientifici e validazioni certe.

John Mitchell iniziò e definì in Inghilterra nel 1740 l'uso terapeutico dei magneti artificiali, che erano commercializzati in forma di un ferro di cavallo.

Ma solo nel XIX secolo si può parlare di vero inizio dello studio moderno dell’uso di elettromagnetismo in medicina, con molte difficoltà e molta lentezza, per la scarsità di conoscenze e mezzi adeguati.

Le prime ricerche sperimentali avvennero così solo a partire dalla prima metà del XX secolo, grazie al miglioramento delle strumentazioni disponibili e all’affinarsi delle competenze tecnologiche e scientifiche, per poi svilupparsi e affinarsi dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale e nella seconda metà del secolo (gli effetti biologici dei campi magnetici sono stati studiati soprattutto negli Stati Uniti, in Russia, in Giappone, in Europa, grazie ai lavori di Danielewsky, Basset, Pilla, Fukuda, Yasuda, D’Arsonval, Fellus; ecc), fino a far diventare l’uso dell’Elettromagnetoterapia in Medicina una vera e propria disciplina Scientifica.

Per questi motivi, la validità dell’applicazione dei campi magnetici in campo terapeutico è stata riconosciuta a livello ufficiale in campo medico solo da pochi decenni.

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